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| LE DIVINITA' DEL DESTINO LE MOIRE O PARCHE
Era persuasione comune e radicata presso gli antichi che l'umana vita fosse soggetta al destino, che al momento della nascita di ciascuno già fossero decretate le vicende della sua vita fino al momento del morire. E questo talvota si diceva fosse volontà di Zeus o in genere degli Dei, mentre a volte si concepiva il destino come qualcosa di superiore alla stessa volontà divina, potenza a cui Zeus stesso non poteva sottrarsi. Di qui il concetto delle MOIRE rappresentanti appunto il destino assegnato a ciascuno. In Omero si menziona solo una Moira, ma già Esiodo espone nella Teognonia la leggenda più comune, secondo la quale le Moire erano tre, figlie della Notte, e si chiamavano CLOTO, LACHESI e ATROPO, cioè la FILATRICE, la SORTE e l'INFLESSIBILE; la prima occupata a filare lo stame della vita di ognuno, la seconda rappresentante ciò che c'è di casuale nella vita, la terza l'inevitabile necessità di morire quando l'ora è suonata. Le Parche come figlie delle Tenebre erano sorelle delle Erinni, le Dee della vendetta che perseguitano il colpevole fino alla morte. Come esecutrici della volontà divina erano messe in rapporto con Zeus reggitore dell'ordine supremo, oppure con Apollo il suo profeta; quindi l'uno e l'altro erano detto MORAIGETI, capi delle Moire. Presso i Romani il destino era espresso con FATUM, la parola divina; e di questa voce si usava il plurale FATA per indicare la sorte assegnata a ciascuno. Esseri poi corrispondenti alle Moire erano le PARCHE, propriamente Dee della nascita, come la CARMENTES; in origine erano due, NONA e DECUMA, dette cosi dagli ultimi mesi della gestazione; a cui più tardi se ne aggiunse una terza, MORTA, come Dea della morte;cosi alle tre Parche si poterono assegnare le stesse attribuzioni delle greche Moire. Dall'età Augustea iniziò a diffondersi l'uso di FATA a designare le Parche stesse. Da qui l'uso di usare la spinta alle fantansie medievali di immaginare l'esistenza delle fate e tessere intorno a loro racconti meravigliosi. Bellissima pittura delle Parche quella che si legge nell'Epitalamio di Peleo e Tetide di Catullo:
<< Una candida veste il corpo tremulo loro avvolgendo con purpureo lembo a piè scendeva e li copriva. Di nivee bende la fronte annosa avevan recinta, e trattava la man l'opera eterna. Tenevani la rocca con la sinistra avvolta di molle lana, e con la destra sottil traendo con le dita supine il gian formando, poi, chinato il pollice, in vorticoso giro il ben librato fuso avvolgevano , lo stame a mano a mano agguagliando col dente, onde in su gli aridi labbruzzi rimanevano i morseggiati lanosi blocchi che sporgevano poc'anzi dal tenue filo in vimine cestelle erano raccolti morbidi veli di candida lana.>>
Le arti figurative iniziarono tardi a rappresentare le Moire; il tipo che divenne prevalenteme...Read the whole post...
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